La SOC. VAL DI LEI propone i seguenti cenni storici sulla città fortificata di campagna di Cercino e la Torre di Olonio (<< Olonium >>), antico e possente sistema fortilizio a presidio delle vie di comunicazione per il commercio dell'oro dalla bassa Valtellina e Valchiavenna, nonché in Alto Lario.
Di certo, il luogo di Cercino è riportato con il rosso porpora della corte imperiale al toponimo di << Cicenum >> nella versione più antica (risalente al II sec. a.C.) della tabula peuntigeriana, a nord di Mediolanum ad ovest di Bergonum.
Questo fortilizio di campagna, dove fù Cicerone, era conosciuto in antichità con il nome di << Oppidum Cicenum >>, città romana fortificata di origine etrusco-celtica (V-IV sec. a.C.)(1), di pianta ovale anziché quadrata, dotata probabilmente di mura possenti e di alta torre di legno, che richiamavano verosimilmente la forma del cigno.
La costruzione della Torre di Olonio in Alto Lario - che sorgeva su di un isolotto circondata dalle acque e rappresentata sullo sfondo del Cristo alla colonna del Bramante - si perde nella notte dei tempi, quando la nave Argo di Gilgamesh solcava le acque del mare Ligure-Piemontese(*) ed il Vello d'Oro setacciava le acque del Reno di Lei.(**)
La Valle di Lei era proprio la Valle della Torre di Olonio.
Il << castrum >> di Olonio in periodo arcaico si chiamava Volturena, con voce di origine etrusca, costruita dai Voltureni. Queste terre diedero i natali a mirabili colonie di condottieri da Pompeo Strabone, Caio Scipione detto l'Africano e Giulio Cesare, che qui inviò 5.000 coloni delle migliori famiglie romane e 500 nobili dalla Magna Graecia.
Alle vicende della fortuna nelle miniere nella valle, coincidono i grandi avvenimenti storici e le riforme della civiltà occidentale, dai Re di Roma a Fort Knox.
In queste terre - conquistate nel III sec. a.C. da Marco Claudio Marcello (268-208 a.C.) della gens Claudia - Augusto (63 a.C. - 14 d.C.) imperatore utilizzò l'oro della Valle per l'aureo ed il quinario, il rame della montagna per il sesterzio(2) ed il dupondio; inoltre fece costruire per la XII Legio, nei sui pressi, la via Aurea, in onore della sua terza moglie Livia Drusilia, da Mediolanum (presso Porta Aurea vicino a Palazzo Bigli) al Cunus Aureus.
Cosi' un abitante di Traona, ai tempi di Augusto, ci racconta le miniere della Valle: ' le miniere erano tanto copiose che scavando il terreno per poco piu' di mezzo metro si trovava subito l'oro e mai si scavava poco meno di cinque metri. L'oro di queste miniere si trovava in grani. Accadde una volta ai tempi di Cesare che dei foresti provenienti dalla Garfagnana e diretti nelle Gallie, si erano uniti alla coltivazione primaria delle miniere - tutti accomunati dalla passione per il vino nei tini di legno piuttosto che nelle anfore di terracotta - tanto che in due mesi di lavoro il prezzo dell'oro diminui' di un terzo in tutta l'Italia.'
Così il tirreno Mezenzio, alla festa dei vinalia, rispondeva a Turno, dopo la richiesta di aiuto per salvare la promessa sposa Lavinia: ' tanto valor possiedo a mio gran costo, le armi sanno del sangue mio bagnate di sovente, e il petto alle ferite è esposto. Da te che chiedi il mio aiuto, dividi con me non grandi ricompense, inviami una parte dei tuoi mosti che primo avrai dei tuoi tini cavato. Il segno di riconoscimento dell'opera mia è insignificante: la vostra maniera di essere [donne] è produrre il vino, la nostra [uomini] è sconfiggere i nemici [con le armi] - ndr. asce ad alette tipo Bambolo.'
A Gallieno (218-268) - di nobili origini etrusche - e la sua legio si deve l'apertura della zecca di Mediolanum.
Anche Diocleziano (244-313) utilizzò le miniere della Torre di Olonio per la sua riforma monetaria. Con l'oro della Valle, Costantino fece coniare il Solido dalla zecca imperiale di Mediolanum.(3)
Narsete (478-574) per Bisanzio raccontato da Bramante e la stessa Teodolinda (570-627), per il Regno longobardo, al riparo nella Torre di Traona, non si diedero pace per procurarsi oro dalle miniere della valle.
Con lo stesso oro nel 774, Carlo Magno divenne Re dei Longobardi, coniando nelle zecche lombarde, il tremisse stellato di Liutprando.
Era inconfondibile il sigillo XL (più recentemente indicato come x!) dei pani in oro dei giacimenti primari usato fino alla Madonna del Garbo per la Repubblica di Genova (1099), passando per Ottone I di Sassonia (912-973) per il Sacro Romano Impero.(4) Diverso era il sigillo dei giacimenti secondari del Po, nelle dune di sabbia di San Basilio ad Adria, raffigurante una barca con albero e vela quadrata, con l'iscrizione CUSTODIE ADRIANE. Il suo mare si chiama ancora oggi Adriatico.
Milano diventò 'comune' nel 1117. Il dominio dei Torriani o della Torre ebbe inizio nei primi anni del XIII sec.
Dal 1150 al 1270 tutti, da Como a Milano, da Barbarossa a Federico II, vollero l'oro dell' ANGELICA valle, stoccato in grani nei moggi di pietra ollare nella Torre di Olonio, che da una parte uscivano verso Bergamo per il Grosso di Venezia (5) e dall'altra uscivano col carretto verso Ivrea, nel Monferrato ed Albenga per finire nell'Augustale dell'Imperatore. (6)
I Visconti furono signori di Milano dal 1277 fino al 1447 con le miniere dei baroni della valle, sostituiti dagli Sforza fino al 1535. Poco prima i Lanzichenecchi privati del soldo da Carlo V saccheggiarono Roma (1527).(7)
Ludovico Sforza detto Il Moro è sconfitto dal Re di Francia Luigi XII (1499). Un anno dopo tentò la riconquista del ducato, ma tradito dai Grigioni viene consegnato al nemico. La Val di Lei cade in mano ai Grigioni e con la nascita della Tre Leghe (1512-1797), la Torre di Olonio viene definitivamente smantellata (1532). (8)
Inconfondibile, sullo sfondo della 'Gioconda' (1514) di Leonardo Da Vinci, la veduta dall'alpe Bregaglia della Costiera dei Chech, con le sue alpi dorate ed il particolare del ponte di Belenasco (non più esistente), l'Alto Lario dell'abbazia cistercense di Piona e la desolazione dopo lo smantellamento della Torre di Olonio. (9)
La Valle del Reno di Lei, le sue alpi, le antiche baite ed i pascoli ritorneranno all' Italia con il Regno Lombardo-Veneto solo nel 1815.
Note:
(*) Calcolo per la corretta datazione delle ere geologiche: datazione carbonio14 /(1000) x100 = datazione. (Cfr. martello di London). Gilgamesh e la Terra del Vivente, 17 Tavolette in sumero. Gilgamesh con il suo servo Enkidu, dopo avere ricevuto le armi, parte con 50 compagni. Nelle varie versioni dell'epopea di Gilgamesh, dal sumero all'antico-babilonese, dall'accadico all'ittita, dal semitico all'hurrita, sino al greco, Enkidu appare un personaggio ambiguo, che spazia tra la scimmia e l'eroe, che alcuni addirittura ritengono aggiunto in epoca posteriore alla tradizione orale arcaica, da un diverso gruppo culturale. La sua indole piu' azzeccata ci perviene da una lettera di Gilgamesh, che dovette riscuotere una certa popolarita' in quanto ci e' pervenuta in quattro copie da Sultanpepe. Essa racconta di come Gilgamesh si sia adoprato per procurarsi quantita' inverosimili di bestiame e metalli, assieme a oro e pietre preziose per foggiare un amuleto per Enkidu che avrebbe raggiunto il peso di 14 kg. A Kish durante gli scavi si raccontava una barzelletta secondo cui avrebbero rinvenuto i resti del link member, battezzandolo Abramo. Ancora ai tempi di Cesare taluni usavano spogliarsi per dimostrare che non erano pitechi, ma non bastava per essere uomini. Per questo ci siamo premurati di chiedere a Sergio Mattarella come ci si sente ad essere scimmie.
(**) Genesi 2, 11-12. Il nome del primo e' Fisson, ed e' quello che circonda tutto il paese d'Evilat, dov'e' l'oro, e l'oro di questo paese e' il migliore, e vi si trova il bdellio (mirra o ambra) e l'onice.
(1) I Celti erano gli Insumbri, vale a dire gli Ombri-Liguri, cioè gli Ombri inferiori od Ombri del Lario. Gli Etruschi sono gli indigeni di sempre (c.d. indoeuropei), conosciuti come gens Caecina, della opulentissima tribù dei Luceres dei primi Re di Roma, instancabili lavoratori della pietra, del rame, del bronzo, del ferro e dell'acciaio; delle conchiglie e dell'oro. Quando i Pelasgi arrivarono da Creta alle foci del Po, i Liguri per primi e gli Ombri poi (noti anche come Taurini che furono poi i cittadini della X Legio, quella del toro) già abitavano le terre circumpadane, perché la pianura padana era un acquitrino insalubre. Dai Pelasgi (meglio noti come Greci micenei e macedoni) discesero i Latini della tribù dei Tities. La tribù dei Ramnes approdò invece nel mar Tirreno dall'Egitto, in fuga da Eliopoli assediata da sud e dai matrimoni consanguinei. Le tre tribù dei Luceres, dei Tities e dei Ramnes erano accomunate dalle tradizioni della madre patria della Caprazoppa prima, delle Arene candide poi, dalla lingua jamna, dalla scrittura cuneiforme prima e lineare A e B poi. D'altro canto è noto che l'Eneide è il poema scritto da Virgilio per celebrare, dal Manzanarre al Reno, le origini troiane dell'imperatore Augusto, che era nato in Iberia, la terra di Ercole. Per l' imperium di Augusto era confaciente lasciare credere che i Tirreni fossero gli Avies Tities ed (in)certa est l'origine dei Luceres di (Me)zenzio. Ad Ovidio che criticava l' imperium proconsolare di Augusto nei Vinalia, canzonando che gli Avies Tities (Pelasgi) fossero una popolazione dell'Arcadia precedente alla (L)una, costò la relegatio. Altri commerciavano lungo le coste, navigavano e si dedicavano alla pirateria, i loro rostri sono rimasti secoli e secoli appesi nel Foro romano. Così Cesare descriveva le questioni galliche che affliggevano la valle: 'Apud Helvetios longe nobilissimus fuit et ditissimus Orgetorix De Macron. Is M. Messalla (263 a.C.) et M. Pisone (139 a.C.) consulibus regni cupiditate inductus coniurationem nobilitatis fecit et civitati persuasit, ut de finibus suis cum omnibus copiis exirent: perfacile esse, cum virtute omnibus praestarent, totius Galliae imperio potiri. Id hoc facilius eis persuasit, quod undique loci natura Helvetii continentur: una ex parte flumine Rheno latissimo atque altissimo, qui agrum Helvetium a Germanis dividit.' (De Bello Gallico).
(2) Cfr. Il Vangelo di Matteo (14, 15-21). Il Denario del II sec. a.C. invece era d'argento. Occorre precisare che ai tempi del Vello D'Oro per gli abitanti dell'angelica Valle i metalli venivano cosi' attribuiti: al Sole lo splendore dell'oro, alla Luna il bianco dell'argento, a Venere il colore di fuoco del rame, a Marte il ferro, a Saturno il piombo, a Mercurio l'argento vivo. Si pensava in sostanza che come l'acqua forma il ghiaccio col freddo, nelle altissime montagne, i raggi del Sole formassero l'oro nei sassi, cosi come quella chimica forma i cristalli nel granito.
(3) Postumo costituisce l'Impero delle Gallie acclamato imperatore dal suo esercito (257). Gallieno viene ucciso da un gruppo di generali (268) dopo la vittoria su Aureolo. Cfr. Editto di Costantino, Milano (312) per la restituzione dei beni collettivi confiscati o usurpati: 'Inoltre a proposito dei cristiani ordiniamo che se i luoghi dove essi avevano prima l'uso di radunarsi sono stati nel passato alienati o dal fisco o da qualche privato, subito, senza alcun prezzo o formalità vengano restituiti. Ma poiché costoro non avevano soltanto questi luoghi in cui si radunavano, ma possedevano ancora colletivamente molti beni, comandiamo che tutto ciò venga subito loro ridato.' Martinus (316-397) generale della XII legio, congedatosi dall'esercito giunge dalla Pannonia a Milano (357), e quindi, dal suo riparo ad Albenga sull'isola Gallinara, si reca a Poitiers, per raggiungere Sant'Ilario in ritorno dall'oriente, ad edificare le Gallie. San Martino era anche esorcista. Sant'Ilario contrastava aspramente Costanzo (figlio di Costantino), acclamato Imperatore nel 337, che era di eresia ariana e che voleva essere arbitro nelle controversie della fede cristiana riservate al giudizio dei pastori. Avendo in mente ciò che diceva il poeta Simonide circa il suo Patrimonio, cioè che sarebbe rimasto intatto anche se fosse giunto nudo al porto dopo un naufragio, Arrio con la sua eresia sembro' assorbire egli solo l'infame celebrità di tutti quelli che l'avevano preceduto. Egli s'involse ciecamente nelle più sozze ed orribili scelleratezze: Sicophantiae, caedes, vincula, contumelie, Virginum denudationes, exterminationes, incendia Ecclesiarum, evastationes.
(4) Nel febbraio dell'anno 1000 con atto rogato in Colico secondo la vigente legge romana, Lorenzo detto Baroncio acquista per 14 soldi d'argento alla presenza di testimoni, dai consorti Giovanni e Grisenzia di Cosio, due terre: <<Fameliarca>> e <<Centoplagio>> nelle vicinanze della torre di Olonio. Il monaco-guerriero Guglielmo da Volpiano (962-1031) dell'isola di San Giulio è il grande costruttore che da Cluny riedifica l'Europa.
(5) La storia della città di Venezia inizia nel 569, quando Alboino magister militum alla guida degli esuli della XII Legio in Pannonia (c.d. Langobardorum), conduce il ritorno in Patria di tutto l'esercito e pone il figlio Gisulfo dux del Friuli. Nel 960 in Bocca Lame vi era una Chiesa di Santa Maria - quella di San Marco, chiamata col nome del fiume, fu edificata nel 1042 - sicché il sito che si estende (sopra Dorsoduro) fino alla sacca del Pomo D'Oro (oggi Misericordia) era già fino da allora abitato. In un atto pubblico del 1054 il Vicario afferma che erano dovuti alla sua Chiesa Matrice di Santa Maria gli ossequi dalla Chiesa di Santo Stefano, di San Martino, di Sant'Erasmo de littore Murianensis e di San Cipriano. E' riportato che sono note, chiare e certe le leggende in cui si fonda la Chiesa di Santa Maria, ma nessuno ne conosce verità sul modo ed il tempo della sua fondazione. Le leggende forse sono contenute nella sentenza di Enrico Dandolo, Patriarca di Grado, del 1152. Il Doge Pietro Tribuno, come scrive espressamente Giovanni Diacono, nell'anno sui ducatus nono, (ed. Monticolo, p. 131), costruì un muro per difendersi dall'«Ungrorum pagana et crudelissima gens», che si estendeva da Santa Maria Zobenigo (o Giubenico o Giunonica) a Castello (Olivolo). Il margine in quel luogo era molto ineguale e s'avanzava un dorso assegnato al Gussoni fin dal 780, in cui nel 1050 fu eretto un Ospitale di Santa Maria dopo la Chiesa dei Crociferi, dove poi furono i Gesuiti. E' nell'anno 1171 che Dux Petrus giunge da Adria con il barcone a sistemare i disastri compiuti dai Dolfin-Gradanico. Nel 1172 e' Del Vasto detto il Guercio di persona che preleva il doge Vitale II dalla chiesa di San Zaccaria (ex S.G.Battista - Cfr. Ariosto, Orlando Furioso, XXXVII - tra le altre storie della Valle - per il racconto sul Guercio che torna da Venezia attraverso Bergamo). Sant'Ilario, antica e famosa abazia dei Benedettini, si crede fosse vicina alla Malcontenta in terra ferma e come dice il Dandolo in finibus Rivoalti (ai confini di Venezia verso Dorsoduro), benché il Cardinal Valiero dica ab iniuria temporis fino ai suoi giorni non se ne riconoscesse vestigio. Il Sibelico scrisse molti anni prima che si riconoscesse con fatica benché fosse stato demolito nel 1242 e che sulle sue rovine nel 1404 fu fabbricata una Fortezza dei Carraresi. Di certo era un luogo antichissimo su cui fu edificato un castello dagli Ipati del Doge nel 768 (gens Caecina - Caecilia - Stanziamento della legio IX, legio XIII a Vienna, dalla Corte Imperiale della XII legio dell'oppidum Cicenum). Al principio non era circondato dalle acque, ma compreso nel continente in terra ferma, come attestato dall'Ongarello. I suoi confini sono trascritti nel 819 dal Doge Angelo Partecipazio 'a fluminem Clarino percurrente esque ad canalem, qui dicitur Gambarara, ac inde in fossa, que dicitur Ruga, ac deinde in Canale de Lurva percurrente in Serchio, ac tribus millibus in paludis acquis falsis' e riferiti dal Dandolo (Lib. VII, Cap. 1), più precisi sono invece i confini della Badia di Sant'Ilario riportati nel Codice Marciano di Zeno: ' idest a flumine quod dicitur Clarino percurrente usque canale de Luna percurrente in Siocho, ac usque in paludibus aquis falsis; similiter a predicto fluminen Clarino descendente ad locum ubi dicitur Aurilia ac finalibus descendente per canale qui dicitur Avisa perexiente in dicto flumine Hune, ac demum percurrente usque in paludibus similiter tribus millibus aquis falsis. ' Sempre dal Dandolo abbiamo che, per la fondazione della suddetta abazia, Giovanni abate di San Servolo con tutti i suoi monaci ottenne dai Dogi Angelo e Giustiniano Partecipazj, ora Badoari, da Fortunato Patriarca di Grado, da Cristoforo Vescovo Olivolense e dal Comune di Venezia la facoltà di trasferirsi nel luogo ove fu poi fondata la Badia di Santo Ilario; in altri testi si parla di donazione. Gli accordi dei Partecipazj con ignoto ordine di S. Maria, permisero l'edificazione del Palazzo Ducale nell'orto che si diceva Bruolo (Broglio, dove li Fari con l'angusto porto, Per entro il qual el Mar se sparte, In più lagune, e Zugne a lo nostro Orto). Nel Commemorale ottavo del 1191 si dice che ivi ebbe luogo la elezione dei Savi per edificare clausura Lizza Fusine ac Buttenici (Giornale dei Letterati D'Italia, Granducato di Toscana, 1716 - Della Laguna di Venezia, Bernardo Travisano, 1718). Si rammenta che Romolo Augustolo fu relegato a Castel Dell'Ovo di Napoli da Odoacre, che il Doge (Dux) di Venezia inizialmente, dopo il crollo dell'Impero di Occidente, succede ad Odoacre che è il legato imperiale dell'Imperatore di Oriente e che il Doge Angelo Partecipazio si sottomette a Bergamo a Luigi II detto il Giovane, nipote di Carlo Magno. Quando i Longobardi discesero in Italia nel 569 molti accorsero da Roma, da Ravenna e la maggior parte dal Friuli e dalle altre zone vicine e la città che prima si chiamava Rialto (Rivoalto) assunse il nome di Venezia o meglio Venetiae in quanto raccoglieva i popoli di due provincie. I Dogi vi portarono la residenza da Malamoco nel 803 e Venezia diventa la Città capitale. Si congiunsero le isole con molti ponti, si edificarono chiese ed edifici pubblici che nel 1072 furono poi dette Sestieri: Scopulo è il più antico e si forma così con Dorsoduro, si dice fosse infestato dai Corsari (c.d. lettere di corsa) che s'introducevano dentro i suoi porti; parte di questo Sestiere erano delle isolette disordinate che formarono la Giudecca, dove si permise l'abitazione a quelli esiliati da Rialto (Venezia). I Canali comparirono in vari modi. Orso Partecipatio assegnò la parte oltre il Canal Grande alla sua gente o meglio a coloro che comunemente sono detti Esculati, che iniziarono ad abitarlo. Le abitazioni erano scarse, rare e maldisposte, fatte di legno e patirono un orribile incendio sotto Ordelaso Faliero. Questo Sestiere era detto San Paolo dall'antichissima chiesa, ma si potrebbe anche dire Rialto in quanto più sollevato; pochi erano i Canali, tortuosi ed interrotti o stagnanti e molti si asciugarono nel 860, ma la parte asciutta non fu immediatamente edificata; restarono luoghi vacui sino al 1097 e un luogo grande dove si soleva fare il mercato; dopo si costruirono molte case, anche per la compravendita, tanto che nel 1322 si elessero venti Savi Supra aptatione, ac ampliatione Rivoalti e nel 1357 si iniziò ad innalzare gli edifici meno interni, dove non ci fossero monasteri. Santa Croce che ebbe anticamente il nome di Luprio, era uno spazio di paludi e nelle parti più elevate si dice vi fossero delle tombe, vi era una antichissima lapide (M.D.M. CAERIAE. V.S. FRUTITIA.TH.Y.MELE.M.STATI NODORI) e vi furono erette molte chiese nel 790 e nel 911. Pare ci fosse un castello in epoca non databile, probabilmente un castrum, e delle colonne dette Amagianas . Il Sestiere di Canal regio era tutt'altro che regale, anzi proprio quella parte (prima dei lavori di allargamento del canale) era la più deforme, mentre quella verso Rialto, in vicinanza della Chiesa di Santi Apostoli, era anche al principio nobile e frequentata. Siccome era ingombra di canne che discendevano dal Mestrino e occupata da canneti, si chiamava prima Canareo mentre quell'altra parte che seguiva il Canale conservò quello di Luprio ed altri nomi antichi. Quel sito che si estende intorno a Santa Lucia con lavoro, costanza e fatica fu asciugato e fino al tempo del Sabellico era un complesso di argini e prati. Alla destra del Canale si estendeva un lungo spazio che, nell'antica favella patria delle officine di metalli preziosi, si chiamava 'Iactum' ossia Ghetto (aurificina vetus patrio sermone iactum vocant). Riassumendo, in principio la laguna di Venezia era una colonia etrusca della gens Caecina, una terra non interrotta dal Savio fino all'Isonzo compresa in uno spazio che ha per confine Loredo e Adria da una parte, Iesolo, Aquileia ed Eraclea dall'altra, poi divisa in due, a sud la parte più rialzata e più antica presidiata dalle milizie dell'Imperatore di Oriente (Narsete), a nord quella più paludosa presidiata dalle legioni romane d'Occidente (prima la IX dell'aquila e poi la XII del fulmine). Dalle vicende storiche di Santa Maria e di Sant'Ilario s'intuisce che l'acqua alta a Venezia sia opera del lavorio dei fiumi più che del mare. E' vero, il Mose ferma le acque, c'e' da chiedersi quali? Se il lido di Lignano si chiama 'sabbie d'oro' , sicuramente l'oro non c'e'.
(6) Il vescovo Giovanni Rusca di Como asserisce che nel 1512 ancora si vedevano le temibili insegne di Federico I detto Barbarossa sulla Torre di Olonio, ma pare che le stesse insegne siano state inserite da uno dei Rusca, al quale la Torre appartenne per un certo periodo. Si disquisisce anche di donazione fatta dall'Imperatore a Como nel 1176, avente ad oggetto la Torre, ma a quanto pare inesistente. Con il Trattato di Pace del 1196 tra Como e Milano intervengono il legato Enrico Drusardo podestà imperiale di Ivrea col Passaguerra, per l'Imperatore, i Rusca per Como e Gualfredotto Grasselli per Milano, al fine di porre due Commissari per controllare con sanzione che non escissero grani d'oro dalla torre di Olonio senza il consenso del popolo dei minatori/pastori della Valle di Lei (l'Angelica). Nel castrum della Rocca di Arona (città sacra ad Ercole Aegipty come Novara), poi collegata da Borromeo per la 'strada segreta' al sottostante porto militare detto peschiera, la torre (quadrata) di Santa Maria degli abbati guerrieri -ex bucellarii del pane cotto due volte e del vino, soggetti ai Benedettini- che fungeva da deposito per le vie Del Vasto detto il Guercio, fu prima ridotta a campanile dell'omonima chiesa e definitivamente demolita con l'esplosivo da Napoleone nel 1801, che utilizzo' il materiale di risulta per la costruzione della massicciata della strada del Sempione. Ex regione Angleriae transverbanum oppidum (Novara) est Alona cum egregie muris arceque instructum, tum incolarum frequentia celeberrimum. Earum prior haec est Herculi sacra his verbis: HERCULI SUCCESSOR - PRIMI MUSCOLI - FIL - V-S-L-M. I Longobardi arrivarono in queste terre, condotti dal Re Alboino, nell'aprile del 568 e vi dimorarono circa 200 anni.
Verso la seconda metà del 1400 per le osterie della Valtellina e della Valchiavenna si raccontava questa storiella: <<una guarnigione del Rusca sopraggiunge da Como al ponte della Vedescia. I pastori si rifugiano dalla parte opposta del fiume ma un giovane pastorello si attarda e gli altri gli gridano: 've' de scia' 've' de scia' , ma il pastorello non riesce a scappare e il Rusca da cavallo lo afferra per il collo e lo strozza, poi lo fa roteare in aria e lo scaglia sul ponte. Il Baroncio gli grida: 'ma che fai ? Uccidi un uomo per nulla! '. Il Rusca gli risponde: ' volevo farti vedere quanto sono forte. Non hai paura?' Allora il Baroncio gli risponde: 'non conosco la paura. Baaluba adesso ti faccio vedere io quanto sono forte! ' Afferra una lancia la scaglia dall'altra parte della riva contro il soldato vicino al Rusca che lo trapassa con l'armatura'. Il cavallo che non è scemo vede tutto e fuggono a gambe levate.>>
(7) Cfr. Pragmatica de Baronibus (1466 e 1482) e la c.d. 'Congiura dei Baroni' (1459-64 e 1485-86), contrapposta alle opere del Bramante (1444-1514). Carlo V restituì nel 1530 a Francesco II Sforza (1495-1535) il Ducato di Milano, imponendo di pagare 900 mila scudi d'oro. Carlo V (1500-1558) fù finanziato dal mercante-banchiere Jacob II Fugger, detto Il Ricco, di Augusta per l'elezione ad Imperatore (1519). Notissima è la lettera datata 1523 del Fugger a Carlo V per il rimborso del prestito.
(8) Ancora nel XVI sec. un ambasciatore veneto poteva vedere 'le gran vestigia della Torre di Olonio' quando il barcaiolo che lo trasportava sul passo dell'Adda 'nel pontare di un remo ruppe un vaso scoperto dal ripido corso del fiume' da cui uscirono monete d'oro, d'argento e di rame con l'effige dell'imperatore Tiberio (Mariuccia Zacchinelli, Rivista 'Como', 1954). A quel tempo l'Adda sfociava girando ai piedi del roccione della Vedescia, alla sua foce vi era un isolotto alluvionale dove sorgeva la Torre e lì era il traghetto del fiume detto 'passo d'Adda' oggi 'Ponte del Passo' ed in antichità 'Ponte Marzio'. La conquista romana del luogo risale al 196 a.C. (cfr. monetazione gens Caecina del 194-190 a.C. - Ceacilia solo dopo la vittoria a Farsalo delle famiglie della XII Legio che parteggiavano per Cesare e dove perirono eroicamente 40 centurioni nell'omonima battaglia contro Pompeo a conclusione della guerra civile romana - cfr. cippo di S. Chiodo a Monza). Divenuta provincia romana un nuovo littorio a Roma fu ascritto alla tribù Oufentina.
(9) Nel Codex Atlanticus (foglio 241) Leonardo Da Vinci descrive i percorsi lariani; indica la Valtellina piena di armenti con riferimento alla produzione del latte, le osterie, il vino potente, le produzioni di ferro, l'argento dell'Adda e conta 200 scalini per salire alle miniere d'oro e rame in Val di Lei. Leonardo come ingegnere era un esperto di torri militari, incredibile e' la storia della torre di Villa Bechelli a Firenze (oggi Villa Salviati). Correva l'anno 1508 quando Leonardo fu incaricato dal Comune di Firenze di studiare le fortificazioni della città vecchia al di la' dell'Arno. L'idea del Comune era quella di costruire una torre per il tiro incrociato proprio dove ora sorge Villa Bechelli. Leonardo memore della vicenda della Torre del Gallo, che portò al primo sacco di Roma, non esito' ad illustrare nel foglio 199 del Codice, cosa sarebbe potuto succedere edificando una torre in quel luogo, Cosa che in effetti avvenne ad opera del Lanzichenecchi, per un fraintendimento di Michelangelo del lavoro di Leonardo, che costo' a Michelangelo stesso la fuga da Firenze per salvarsi la vita, nel 1530.
Il Presidente(*)SOC. VAL DI LEI
(*) Originario, in discendenza paterna, anche delle antiche carbonaie del Bambolo (Castagneto Carducci - Sassetta).